In onore dei cinquant’anni di Dungeons and Dragons facciamo un salto nel passato e vediamo com’è nato il gioco di ruolo più famoso al mondo!
C’era una volta, in un regno molto molto lontano (l’America), un gioco molto amato all’epoca. Quel gioco si chiamava Warhammer, ed è tanto amato tutt’ora, ma in quegli anni, per la precisione il 1970, c’era anche chi lo amava ma sentiva il bisogno di avere qualcosa in più.
Fu per questo motivo che Gary Gygax e Dave Arneson, appassionati giocatori di wargame con miniature, si trovarono a unire le forze.
Entrambi amavano le dinamiche dei giochi da tavolo, ma desideravano aggiungere un aspetto che fino a quel momento mancava: un focus in più sui personaggi.
Piccola parentesi, se non sapete come funzionano i wargame tipo Warhammer, i giocatori schierano in campo un esercito a testa, composto da miniature e dotato di particolari caratteristiche, e si affrontano in battaglie molto tecniche nelle quali cercano di avere la meglio uno sull’altro. In questi giochi i personaggi dell’esercito non hanno un volto o un’identità, tranne forse i comandanti, da ciò è nato il sodalizio tra i due creatori di D&D.
All’epoca Anderson stava già lavorando a un gioco da tavolo che mettesse al primo posto i personaggi e Gygax aveva in lavorazione un gioco di nome “Chainmail” da cui i due presero gran parte del regolamento, per poi arrivare, nel 1974, a veder pubblicato il primo volume del manuale di Dungeons and Dragons, dalla casa editrice Tactical Studies Rules.

Il primo D&D
La prima edizione di Dungeons and Dragons non era certo ricca come quella che giochiamo oggi. Era possibile giocare come guerriero, mago o ladro (ora abbiamo ben tredici classi tra cui scegliere) e le ambientazioni erano principalmente costituite da labirinti da esplorare, mostri da combattere e enigmi da risolvere (in gergo tecnico, avventure dungeon crawler). Il gioco si basava tantissimo sull’immedesimazione e pesava molto sulla fantasia dei giocatori, mentre ora i supporti a nostra disposizione ci aiutano anche a visualizzare l’ambiente di gioco. Si trattava (e lo è tuttora) di un’esperienza collettiva in cui ognuno contribuiva come meglio poteva per rendere vivo il suo personaggio e muoverlo nell’ambientazione descritta dal Dungeon Master.
La crescita del fenomeno
Dal momento del lancio agli anni ’80 la popolarità di Dungeons and Dragons conobbe una costante crescita, arrivando a influenzare non solo la cultura dei gruppi di persone appassionate, ma anche film, videogiochi e letteratura. Nel 1987 uscì il primo box set di espansione del gioco, col quale venne introdotto il reame di Faerûn, che oggi tutti conosciamo per essere l’ambientazione canonica del gioco.
La crescita degli appassionati del gioco di ruolo da tavolo ha avuto una risonanza tale da portarlo a cadere vittima della grande onda del Panico Satanista, un fenomeno che interessò gli Stati Uniti tra il 1980 e il 1990, durante il quale, appunto, i ragazzi che si riunivano per giocare destavano le ire e le preoccupazioni dei genitori i quali, influenzati dalla radio e dalla televisione, temevano che i loro figli potessero usare quelle sessioni di gioco come copertura per pratiche occulte e pericolose.
Questa campagna di odio non ha però fermato la crescita del fenomeno. Nel 1989 infatti vede la luce la seconda edizione del gioco, che porta con sé novità ed espansioni per rendere l’esperienza ancora più immersiva e dettagliata.
Le nuove edizioni e l’impatto sociale
Nonostante ci siano stati anni di calma (non vedremo la terza edizione fino agli anni 2000) e momenti in cui è sembrato che la passione dei giocatori andasse sopita, Dungeons and Dragons non ha mai perso il suo zoccolo duro di appassionati. Costoro, identificati da molti come i classici “sfigatelli nerd” (provate a dirmi che Vin Diesel è uno sfigatello nerd), hanno creato intorno a queste sessioni di gioco mondi interi, ore di intrattenimento e momenti di cameratismo che porteranno nel cuore per sempre. Ai giorni nostri, infatti, si parla di un vero e proprio fenomeno che, scrollatosi di dosso gli stereotipi che lo hanno circondato per anni, ha avvicinato milioni di curiosi, anche grazie a film (“Dungeons and Dragons: l’onore dei ladri”); telefilm (“Stranger Things”); libri (La saga di Drizzt di R.A. Salvatore); livestream (Critical Role, Inntale); fumetti; light novel e chi più ne ha più ne metta.
Ormai stare seduti attorno al tabellone da gioco insieme ai propri amici non viene più visto come uno stigma sociale, ma come un hobby che alcune persone intrattengono nel loro tempo libero. Ha inoltre creato attorno a sé una vera e propria industria di artigiani, creatori di supporti, gadget, strumenti e contenuti per rendere l’esperienza sempre più immersiva.
Questo ha portato a un prolificare dell’offerta non solo di ambientazioni e manuali di Dungeons and Dragons, ma anche a versioni alternative del gioco, infatti il fenomeno dei TTRPG, come vengono chiamati (TableTop Role Play Games, giochi da tavolo interpretativi) è in crescita come mai prima d’ora, per la gioia di coloro che amano sperimentare anche nuovi sistemi di gioco e avventurarsi in nuovi universi.
Dal canto mio, ormai rodata giocatrice di ruolo, non posso che esserne contenta. Una bella partita può essere un passatempo per chiunque decida di dedicare un pomeriggio a un’avventura alternativa, ma anche per chi vuole impegnarsi di più e creare una campagna più lunga con il proprio party di gioco.
E voi cosa ne dite? Siete pronti a lanciare un po’ di dadi o non fa proprio per voi? E qual è il vostro TTRPG preferito?
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