Recensione: L’amuleto di Samarcanda

La serie di Jonathan Stroud che vi farà amare i demoni.


Perché recensire libri appena usciti che suscitano sicuramente l’interesse del lettore quando posso annoiare tutti sproloquiando del primo volume di una serie uscita nel 2003? Beh, perché questo è il mio blog e parlo di quello che mi pare, ovviamente!

Ma – come disse Gilderoy Allock – basta parlare di me! Parliamo invece del libro che ho deciso di presentarvi quest’oggi!


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L’amuleto di Samarcanda è, il primo libro della trilogia di Bartimeus, scritto da Jonathan Stroud, che conta poi un altro libro tutto da godersi.

Come per Artemis Fowl, il protagonista è un ragazzino di dodici anni che ha seriamente bisogno di una figura genitoriale che imponga un’educazione più ferrea, come Artemis si è trovato ad avere troppo cervello per il suo bene e come Artemis si va a cacciare in guai più grossi di lui. Ma le somiglianze finiscono qui.

Innanzitutto, già semplicemente dirvi il nome del protagonista sarebbe una sorta di spoiler. Per tutto l’articolo lo chiamerò, quindi, il ragazzino. Visto come sono brava?

Nel mondo narrato da Stroud i nomi hanno potere. Non come nella saga di Terramare, sia chiaro, ma dato che nè lui nè la LeGuin (nè tantomeno Paolini) si sono inventati questo dettaglio ognuno di loro lo ha rielaborato a modo suo.

Come dicevo, i nomi hanno potere. Per questo nessun mago (e il ragazzino è appunto un mago) può rivelare il suo vero nome. Tuttavia i maghi conoscono i nomi dei demoni, così possono evocarli e piegarli al loro volere. Ecco quindi come il temibile, scaltro, millenario Bartimeus si ritrova… a prendere ordini da un ragazzino di dodici anni. La trama è tutto quello che ne segue.

La trama… più o meno

Stanco dell’educazione impartitagli dal suo maestro, secondo lui di livello troppo elementare, un ragazzino decide di studiare la magia per conto suo e di evocare un demone per aiutarlo nel suo piano di vendetta contro un mago decisamente poco simpatico (ci piacciono gli eufemismi).

Questo piano, ovviamente, ha degli effetti collaterali che portano demone e ragazzino a dover collaborare più di quanto avessero pensato inizialmente per salvare se stessi, Londra e il suo governo.

Fin qui è abbastanza semplice, vi pare?

Ambientazione

La storia è ambientata a Londra, ma non la Londra che conosciamo noi. Certo, l’aspetto non cambia. Se qualcuno di voi è stato a Londra le descrizioni vi faranno rivivere le strade della città, ma la Londra di Stroud è una città governata dai maghi per i maghi, nella quale chiunque non abbia potuto studiare la magia è relegato a cittadino di seconda scelta.

Non che qualcuno non provi a ribellarsi, sia chiaro, ma agire disarmati contro un esercito di demoni e strumenti magici non è cosa facile.

L’epoca è contemporanea. Non vengono nominati i cellulari, ma treni, automobili e televisioni sono oggetti di uso comune anche tra i maghi.

Sistema magico

Dimenticate Harry Potter. Nel mondo di Stroud chiunque può imparare la magia, ma solo a pochi viene permesso di studiarla. Ai maghi professionisti, soprattutto quelli che ricoprono cariche ministeriali, è proibito avere figli. Però viene loro assegnato un apprendista quando se ne presenta l’occasione, in questo modo possono tramandare il loro sapere evitando (almeno si spera) che la stessa famiglia rimanga attaccata alla poltrona.

Quando qualcuno diventa un mago si sceglie un nome di facciata, così che tutti lo conoscano con un nome che, di fatto, non permette a nessuno di avere potere su di lui poiché non è il suo nome di nascita.

I maghi devono studiare lingue, disegno e storia, perché il loro potere dipende dai demoni e dagli spiriti che sono in grado di invocare tramite simboli e cerchi magici, ma anche conoscere le parole giuste in antico sumero non guasta.

Un mago è considerato tanto potente quanto i demoni che riesce a invocare, ma contrariamente a quanto si potrebbe credere i maghi sono molto cauti nell’invocare spiriti che non possono controllare. La loro educazione, infatti, serve anche e soprattutto a metterli al corrente dei rischi che corrono entrando in contatto con quelle entità.

La magia viene insegnata indifferentemente a maschi e femmine e quello di mago è, ovviamente, lo status più ambito tra la popolazione.

I personaggi

Il ragazzino: Lui è il protagonista dei capitoli narrati in terza persona. Abbandonato dai genitori biologici e assegnato come apprendista a un mago, il ragazzino è in realtà contento di studiare la magia e guarda con grandi aspettative al suo futuro al ministero. Ama studiare, è molto intelligente, ligio al dovere e anche – un po’ troppo – alla vendetta, ha la tipica immaturità che ci si aspetta da un ragazzino della sua età e la tipica linguaccia che finisce per metterti nei guai a qualunque età.

Bartimeus: Il demone (Jinn, per la precisione) protagonista dei capitoli narrati in prima persona. Lui che ha eretto le mura di Praga. Lui che ha seduto con re Salomone in persona. Lui che è riuscito a far arrabbiare chiunque lo abbia incrociato negli ultimi tremila anni. Lui che ha – ragionevolmente – paura che il ragazzino lo sigilli in una scatola e lo butti sul fondo del Tamigi. Mille forme e una personalità sfacciata per quello che è uno dei personaggi che più ho amato tra tutti i libri che ho letto.

Il signor Underwood: il tutore del ragazzino. Anche lui lo chiama semplicemente il ragazzino. Abbiamo qualcosa in comune! Membro minore del ministero, si crede molto più importante di quanto non sia. Persino il ragazzino si rende conto che non è più importante di un segretario, ma lui proprio non ci arriva, povero vecchietto. Viene incaricato, senza saperlo, di indagare sui danni compiuti dallo stesso ragazzino. Chi sarà più sveglio? Lui o un dodicenne arrabbiato?

La signora Underwood: uno dei pochi personaggi davvero positivi nella storia, nonostante tenda a fare – inconsapevolmente – danno ogni volta che apre la bocca. Figura materna e moglie devota, ha sempre la capacità di dire la cosa giusta alla persona giusta. Forse anche troppo. Una brava persona davvero. Fidatevi, in questo contesto è una presentazione sufficiente.

Simon Lovelace: la prova che fare incazzare un ragazzino di dodici anni può non essere l’idea migliore. Gli piacciono le cravatte eleganti, i demoni potenti e le lunghe passeggiate sulla spiaggia.

Sholto Pinn: la prova che fare incazzare un demone millenario può non essere l’idea migliore. Possiede uno dei negozi più rinomati di Londra e a quanto pare tiene alla sua merce più che ai suoi impiegati. Lo fareste anche voi, se i vostri impiegati fossero tutti Jinn e folletti.

Considerazioni generali

In generale, L’amuleto di Samarcanda è uno dei libri che mi sono piaciuti di più. All’inizio la spaccatura tra narrazione in prima e terza persona a seconda dei capitoli può creare un po’ di confusione, ma il tutto si amalgama alla perfezione nel creare una storia avvincente, divertente e piena di colpi di scena.

I protagonisti sono un demone e un ragazzino, e l’autore non perde mai di vista questo dettaglio fondamentale. Non importa cosa succeda (o quanto i personaggi cambino) restano sempre un demone e un ragazzino. Anche in questo forte contrasto le interazioni tra loro non sono mai scontate.

Perché leggerlo

Ma perché non farlo? Il libro è divertente, irriverente, pieno di sorprese. I personaggi ti catturano col loro carisma e con la loro personalità. Bartimeus è un personaggio che non si può non amare, che sia per il suo sarcasmo, per la sua faccia tosta o per la sua saggezza ben mascherata.

La narrazione scorre veloce, lo si divora in pochi giorni e le risate, così come l’angoscia e l’emozione sono garantite. Vi farà sorridere, vi farà arrabbiare, vi farà stare col fiato sospeso, ed è questo che un buon libro deve fare.

In più, il primo volume può essere letto come autoconclusivo (se riuscire a finire il primo e non fiondarvi subito sul secondo, ovviamente!). Vi serve sapere altro? In quel caso chiedete, non posso dirvi il nome del ragazzino ma posso regalarvi qualche altro dettaglio succulento.


Con questo siamo giunti alla fine della mia nuova recensione. Se speravate in un resoconto serio e compassato temo proprio che abbiate già capito di aver sbagliato blog. D’altronde io scrivo per intrattenere, non per sembrare una persona seria. Per quello ci sono gli altri.

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2 pensieri riguardo “Recensione: L’amuleto di Samarcanda

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